Rom e Sinti - Graziano Turrini

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Rom e Sinti

La maledizione del primogenito

Rom e Sinti

   In generale (aldilà di banali pregiudizi: "gli zingari sono sporchi, rubano e non hanno voglia di lavorare") sappiamo molto poco di Rom, Sinti e altri gruppi di lingua romanì presenti in Italia. Rom, nella loro lingua, significa semplicemente "uomo" mentre chi non appartiene al loro gruppo viene definito gagé, con il significato di "non Rom". Dai gagé, invece, i Rom vengono solitamente chiamati zingari o gitani, spesso con la connotazione negativa derivante dall'etimologia del termine ( Atzinganoi ha il significato originario di "intoccabili", con probabile riferimento alla non-casta indiana da cui si suppone provengano).

   Gli "zingari", nel mondo occidentale, rappresentano una vera e propria galassia di minoranze. In comune probabilmente hanno solo il ceppo linguistico (di matrice indiana), pur se sfumato e fortemente differenziato in una miriade di dialetti. Per il resto, invece, non hanno una stessa storia, né un'unica religione, né una cultura fortemente omogenea.

   Si calcola che nel mondo la loro popolazione sia tra i dodici e i quindici milioni di individui, otto dei quali in Europa. Con una semplicistica linea di demarcazione, potremmo dire che nell'Europa dell'Est vivono i Rom, mentre a ovest si trovano gli altri gruppi etnici (Sinti, Manus, Kale, Romanichals e qualche minoranza di Rom).

   La non riconducibilità a un'appartenenza territoriale fa di Rom e Sinti dei gruppi privi di cittadinanza e, quindi, privi di diritti. Inoltre, la forte ostilità delle nostre società nei loro confronti, ha fatto sì che - dopo la fine dei totalitarismi e il ritorno delle istituzioni alla democrazia - questi gruppi fossero anche esclusi dai risarcimenti previsti per le vittime degli stermini.

   In Italia gli appartenenti a queste due etnie non sono molto numerosi, arrivando a malapena a raggiungere una cifra stimata di 120.000 / 150.000 unità (cioè circa lo 0,2% della nostra popolazione, mentre in altri Paesi si raggiungono percentuali decisamente più alte: 0,6% in Francia, 1,8% in Spagna e addirittura il 2% in Grecia). Più della metà di loro (70.000 persone) ha la cittadinanza italiana.

   Ormai la stragrande maggioranza di Rom e Sinti residenti in Italia è stanziale. Pochissimi di loro ha esperienze di nomadismo e i rari spostamenti che vengono ancora effettuati sono perlopiù ciclici in aree ben definite (per lavoro o commercio) più che per un vagabondare senza meta.



   In cosa si differenziano Rom e Sinti?

   Innanzitutto nelle origini. Secondo alcuni storici, mentre sembra ormai assodato che la provenienza dei Rom sia dal Rajasthan settentrionale (lo Stato più grande dell'India), per i Sinti diverse ipotesi ne stabiliscono  il punto di partenza nel Pakistan, e precisamente nella regione del Sindh (da cui avrebbero anche preso il nome).

   La lingua stessa, poi, denuncia notevoli differenze. Anche se entrambe presentano tratti che le assimilano senza ombra di dubbio al sanscrito, il romanès (la lingua Rom) si è mantenuta abbastanza costante nel tempo, mentre la lingua sinta ha assorbito parecchi vocaboli e parti di grammatica delle lingue germaniche (frutto della lunga permanenza dei Sinti nel nord Europa).


   Infine, come ulteriore elemento di differenziazione, potremmo focalizzare le loro attività. I lavori tradizionali dei Rom, infatti, sono quelli dei calderai, dei commercianti di cavalli, intrecciatori di cesti, fabbri, musicisti o artigiani. I Sinti, invece, che ancora conducono una vita seminomade, sono essenzialmente artisti circensi e giostrai.

   Come sono arrivati in Europa?

   Le cronache del tempo indicano gli inizi del XV secolo come il periodo in cui Rom e Sinti arrivarono nell’Europa dell’Est. Nonostante le numeroso leggende che si crearono sul loro conto, inizialmente non vennero rifiutati: se non bene accolti, perlomeno furono accettati. Rimasero comunque ai margini della società, dedicandosi a piccoli commerci e a qualche attività artigianale. Già verso la fine del secolo, però, al formarsi degli stati nazionali – e, quindi, alla necessità di omogeneità dei sudditi e all’eliminazione di ogni diversità – cominciarono le repressioni. Gli zingari furono criminalizzati e considerati "oziosi, vagabondi e socialmente pericolosi". E, più venivano emarginati, più pregiudizi nascevano nei loro confronti e per loro era sempre più necessario ricorrere a espedienti per sopravvivere: tutto questo non faceva che aumentare l’odio verso di loro. In ogni caso, il controllo sociale attuato dagli Stati moderni (nei confronti di qualsiasi forma di diversità) non è stato altro che la premessa della repressione razzista che nazismo e fascismo avrebbero attuato nel XX secolo, con lo sterminio di ebrei, zingari e diversi in genere. Iniziarono le schedature e le deportazioni, gli esperimenti scientifici e le sterilizzazioni forzate delle ragazze sinti e rom. Fino al Decreto di Auschwitz, quando venne stabilito che tutti gli zingari dovevano essere internati senza alcuna considerazione né del grado d purezza razziale né del paese di provenienza.

   La Costituzione della Repubblica Italiana, all’articolo 6, dice che "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche".  Il problema è che il popolo dei Rom e dei Sinti NON è mai stato riconosciuto come minoranza e l’unica preoccupazione degli amministratori pubblici e dei politici sembra, spesso, solo quella di cacciare dal proprio territorio questi indesiderati. Fino a poco tempo fa, solo tre Regioni avevano elaborato delle linee generali e programmatiche di intervento a tutela di Sinti e Rom: la Regione Veneto, la Regione Lazio e la Provincia Autonoma di Trento.

   Il genocidio continua …

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