La normativa sulla vivisezione - Graziano Turrini

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La normativa sulla vivisezione

Storie d'amor randagio

VIVISEZIONE E SPERIMENTAZIONE SU ANIMALI:
LA LEGISLAZIONE EUROPEA E ITALIANA


   Il termine "vivisezione" (dal latino vivus "vivo" e sectio "taglio") è correttamente riferito a "tutte quelle modalità di sperimentazione, non necessariamente cruente, che inducano lesioni o alterazioni anatomiche e funzionali (ed eventualmente la morte) negli animali di laboratorio (generalmente mammiferi), come: ustioni, inoculazione di sostanze chimiche, esposizione a gas tossici o ad alte energie (radiante, elettrica, di altra natura), soffocamento, annegamento, traumi vari" (vocabolario Treccani).

   I test su animali sono ancora imposti da norme europee e nazionali per motivi specifici (per esempio la sperimentazione pre-clinica di un farmaco) o largamente diffusi, senza che vi sia un obbligo di legge, nella ricerca di base (che ha lo scopo di ampliare le nostre conoscenze). Dopo vent’anni di battaglie animaliste, l’Unione europea ha stabilito dall’11 marzo 2013 il divieto di compiere test sugli animali per i cosmetici e i prodotti di bellezza o altresì di vendere nell’Unione cosmetici o ingredienti testati su animali. Resta obbligatorio, se non è già stato fatto, provare su animali i prodotti destinati alla pulizia e all’igiene della casa.

   In realtà le pratiche vivisettorie non sono solo immorali, ma anche fuorvianti, perché le differenze genetiche, anatomiche, biologiche, metaboliche, etologiche impediscono a una specie vivente di essere efficace modello sperimentale per un’altra.

   La necessità di avere una legge europea sull’uso degli animali nella sperimentazione che fosse comune per tutti gli stati membri era già stata fatta presente nel 1998. La Commissione Europea (il braccio esecutivo del Parlamento) aveva cominciato a lavorarci nel 2002, per poi presentare una bozza nel novembre del 2008.

   All’epoca la bozza era stata redatta principalmente dalla  Direzione per l’ambiente, che aveva trattato l’argomento coinvolgendo quasi solo le lobby animaliste e lasciando fuori dalla discussione la Direzione per la ricerca e altri attori economici importanti. Questo aveva causato una vera e propria  mobilitazione da parte del mondo della ricerca e delle case farmaceutiche nel tentativo di trovare un accordo con gli attivisti.
  
   La Direttiva 2010/63/UE sulla Protezione degli animali utilizzati a fini scientifici approvata nel 2010 è quindi il risultato di quella trattativa. Sia i ricercatori che i gruppi animalisti europei riconoscono che il testo non è perfetto, ma incontra le necessità di  entrambe le parti.
  Quattro anni dopo, in Italia, il Decreto Legislativo n°26 del 4 marzo 2014 recepisce, in maniera molto più restrittiva, la Direttiva UE del 2010.

Difatti, tra le novità introdotte, ricordiamo:

  • orientare la ricerca all’impiego di metodi alternativi;

  • vietare l’utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d’estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell’uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio Superiore di Sanità;

  • vietare gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all’animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici;

  • stabilire che la generazione di ceppi di animali geneticamente modificati deve tener conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell’effettiva necessità della manipolazione e del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali, valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l’ambiente;

  • vietare l’utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti (cioè i trapianti tra specie diverse) e per le ricerche su sostanze d’abuso (droghe, tabacco, alcool), negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche ad eccezione della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell’alta formazione dei medici e dei veterinari;

  • vietare l’allevamento nel territorio nazionale di cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione;

  • definire un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del titolo IX-bis del libro II del codice penale;

  • sviluppare approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni rispetto a quello ottenuto nelle procedure che usano animali;

  • destinare annualmente una quota nell’ambito di fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi, compatibilmente con gli impegni già assunti a legislazione vigente, a corsi periodici di formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati, nonché adottare tutte le misure ritenute opportune al fine di incoraggiare la ricerca in questo settore con l’obbligo per l’autorità competente di comunicare, tramite la banca dei dati nazionali, il recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi.


   Non tutto è ancora entrato a pieno regime (un emendamento alla legge ha spostato in avanti di tre anni - mentre i ricercatori ne chiedevano cinque - la piena applicabilità delle nuove norme), ma i risultati si cominciano a vedere: in Italia si è assistito a una notevole diminuzione del numero di animali utilizzati nella sperimentazione passando dalle 777.731 unità del 2010 alle 581.935 del 2015.

   Nel 2016, invece, secondo i dati forniti dalla LAV (Lega Anti Vivisezione), questi numeri - nonostante i metodi alternativi siano indicati dalla legge come prioritari - hanno ripreso a salire arrivando a quota 611.707.

Ricordiamo infine che in tutta Europa:

  • dal 2009 sono stati vietati i test per prodotti cosmetici sugli animali;

  • dal 2013 è stato introdotto il divieto di vendere prodotti che contengano ingredienti sviluppati appositamente per il campo della cosmesi che siano stati testati su animali in qualunque parte del mondo.


Regolamento tutela animali del Comune di Verona.

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