Le rotte dei migranti - Graziano Turrini

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Le rotte dei migranti

La maledizione del primogenito

Le rotte dei migranti


   Storici, sociologi e, in generale, studiosi dell'emigrazione sono soliti definire questo fenomeno in base al periodo o alla destinazione. Pur tra visioni diverse, tutti comunque concordano nel definire lo spostamento di massa della seconda metà dell'Ottocento come la grande migrazione. I numeri sono impressionanti: tra il 1860 e il 1885 quasi dieci milioni di italiani lasciarono il nostro Paese per dirigersi verso la Mèrica. Per capire la dimensione del fenomeno, basti pensare che la popolazione in Italia subito dopo l'unità (il primo censimento è del 1861) era di circa 23 milioni.

   Brasile, Argentina e Stati Uniti furono le mete principali.

   Povertà, fame, malattie, voglia di riscatto,… ecco ciò che spinse i nostri connazionali ad abbandonare il suolo natìo per tentare fortuna in un continente sconosciuto, del quale sentivano parlare solo dagli emissari delle grandi compagnie di navigazione o dai parroci di campagna.

   L'esodo interessò inizialmente le regioni settentrionali (Veneto, Friuli e Piemonte fino al 1900 fornirono da sole quasi il 50 % dell'intero contingente migratorio) per poi spostarsi, nei primi anni del secolo scorso, gradualmente anche verso le nostre regioni meridionali.

   Si calcola che nel mondo attualmente siano all'incirca 80 milioni gli oriundi italiani, cioè i discendenti di emigranti all'estero.

   Ben più complesso, invece il fenomeno che si presenta ai nostri occhi negli ultimi tempi (e che ha dato origine e forza a razzismi e xenofobie di vario genere). Se le ragioni dell'emigrazione sono più o meno le stesse (povertà, fame, malattie), aggravate dalla fuga dalle guerre e dalle persecuzioni politiche, diversi sono gli attori. Nella tratta di esseri umani, alle grandi compagnie di navigazione sono subentrati gli "scafisti", termini con cui si è soliti definire i conducenti dei gommoni che tentano l'attraversata dall'Africa o dal Medio Oriente verso il Paese di Bengodi, l'Europa. Scafisti che, spesso, non sono altro che migranti cui viene offerto di fare gratuitamente il viaggio nel Mediterraneo.

   E diverse sono le rotte, determinate da fattori sociopolitici che variano con la rapidità di un lampo. Abbiamo assistito, negli anni '70 e '80 del secolo scorso, ai primi arrivi di ghanesi, senegalesi e ivoriani, subito definiti vucumprà per la loro abitudine di girare per strade e spiagge tentando di sopravvivere vendendo qualsiasi cosa. Poi siamo passati all'emigrazione di serbi, croati, montenegrini e romeni, in fuga dalla guerra nei Balcani. Per vedere, infine, il grande esodo di massa dei nostri giorni di siriani, etiopi, somali, afgani e pakistani che si stanno inventando improbabili ed estenuanti passaggi terrestri tra Turchia, Grecia, Bulgaria, Croazia e Slovenia, costretti a cambiare giornalmente rotta in base alle decisioni di apertura o chiusura delle frontiere da parte dei diversi governi interessati.

   Nel 2013 erano stati 60.000 i migranti che avevano provato a raggiungere via mare il vecchio continente. Nel 2014, 219.000 migranti hanno attraversato il Mediterraneo: 3.500 persone sono morte prima di poter raggiungere le coste italiane. Nel 2015 abbiamo assistito a una diminuzione del fenomeno via mare a favore di uno spostamento (con cifre sempre più impressionanti) verso i paesi balcanici dove, uno ad uno, i vari Stati hanno iniziato a erigere muri o barriere di filo spinato.
Non sono invece diminuiti i morti: al 31 dicembre 2015 la quota ufficiale è stata di 3712 persone che hanno perso la vita nell'attraversata.

   Le rotte dei migranti si piegano ma non si spezzano. I muri rallentano ma non bloccano né risolvono. Dalla metà del 2015 le barriere spinate tra la Bulgaria e la Turchia hanno dirottato il flusso verso la Grecia. Dopo migliaia di ingressi giornalieri, ora anche la Macedonia, porta d'accesso per la Serbia, progetta la costruzione di un muro al confine meridionale. È molto probabile, a questo punto, che nei prossimi mesi la rotta siriana si sposti dalla Grecia ancora più a ovest (Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia), verso l'Albania. Da lì, i migranti hanno davanti due strade. O proseguire verso nord, lungo il difficile passaggio di Kosovo e Montenegro (e poi Bosnia, Croazia, Slovenia, Austria e Germania), oppure ributtarsi in mare verso l'Italia, ripetendo l'emergenza umanitaria già vissuta una ventina d'anni fa durante la crisi albanese. A quel tempo, caduto il regime comunista di Enver Hoxha, fino a 27 mila migranti arrivarono a riversarsi nell'Adriatico: se dovesse succedere adesso, questo esodo biblico avrebbe cifre sicuramente maggiori.

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